201504.29
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Giro di vite PEC

Giro di vite sulle caselle di posta elettronica certificata in uso alle imprese: la direttiva 29 aprile 2015 del Ministro per lo sviluppo economico.

Sulla scorta dell’art. 8 c. 2 della legge 580/1993, il Ministro per lo sviluppo economico, d’intesa con il Ministro della Giustizia, ha emanato la direttiva 29 aprile 2015 per regolare in modo uniforme l’obbligatorietà per le imprese di comunicare un indirizzo di posta elettronica certificata (c.d. PEC).

La disomogeneità, da parte degli uffici del registro delle imprese nell’applicazione delle norme che disciplinano tale obbligo -a dire il vero emanate in modo poco organico e di non sempre facile interpretazione- rappresenta, a dire del Ministro, un grave ostacolo allo svolgimento dell’attività delle imprese, all’affidabilità delle notizie ricavabili dal suddetto registro e alla miglior operatività del processo civile telematico.

L’obbligo per le imprese di munirsi di un indirizzo di PEC è stato imposto con DL 185/2008 (art. 16) per quelle costituite in forma societaria e con DL 179/2012 (art. 5 c. 2) per quelle individuali attive non soggette a procedura concorsuale.

Detti indirizzi, unitamente a quelli dei professionisti, sono consultabili da chiunque tramite il sito web www.inipec.gov.it, così come previsto dall’art. 6 bis del Codice dell’Amministrazione Digitale, che ha affidato al Ministro per lo sviluppo economico la tenuta dell’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (detto appunto INI-PEC).

Molti dei problemi interpretativi sono sorti allorquando le caselle di PEC risultavano inattive oppure avevano raggiunto il limite massimo di capienza (con conseguente messaggio di errore al mittente di mancata consegna del messaggio) o ancora erano in uso a più imprese, dato che la titolarità esclusiva di una casella è requisito indispensabile per la validità delle comunicazioni e delle notificazioni effettuate con modalità telematiche.

La direttiva impone quindi agli uffici del registro delle imprese una serie di verifiche all’atto della presentazione, da parte delle imprese, dell’indirizzo di PEC.

In particolare gli uffici devono verificare:

  • tramite gli elenchi di cui all’art. 16 ter del DL 179/2012 (tra cui il suddetto INI-PEC), che l’indirizzo non risulti già assegnato ad altra impresa;
  • con modalità informatiche, che la relativa casella sia attiva e, in caso negativo, invitare il richiedente ad indicare un nuovo indirizzo di PEC, pena il rigetto della domanda di iscrizione;
  • con modalità automatizzate e con periodicità almeno bimestrale, se le caselle di PEC relative agli indirizzi iscritti nel registro siano attive e, in caso negativo, invitare l’impresa interessata a presentare domanda di iscrizione di un nuovo indirizzo PEC entro un termine non superiore a 10 giorni, decorso inutilmente il quale, l’indirizzo in questione verrà cancellato ex art. 2191 cc.
  • sempre con modalità automatizzate se uno stesso indirizzo PEC è iscritto sulla posizione di due o più imprese. In tal caso gli uffici dovranno invitare le imprese diverse da quella che ha iscritto per ultima l’indirizzo, a presentare domanda di iscrizione di un nuovo indirizzo PEC, nei termini e con le conseguenze di cui al precedente punto 3.

A ciò si aggiunga che gli uffici, una volta riscontrata l’inattività di un indirizzo PEC, dovranno darne comunicazione alla Pubblica Amministrazione che gestisce il pubblico elenco in cui detto indirizzo è iscritto per i provvedimenti di competenza.

Quanto alle sanzioni, la direttiva precisa che l’ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione di un’impresa nei cui confronti è stato adottato un provvedimento di cancellazione di ufficio dell’indirizzo PEC, provvede, nel caso di imprese in forma societaria, a norma dell’art. 16 c. 6 bis del DL 185/2008 e di imprese individuali a norma dell’art. 5 c. 2 secondo periodo del DL 179/2012, ossia alla sospensione del procedimento di iscrizione, rispettivamente, di 3 mesi ovvero di 45 giorni, al fine di consentire l’integrazione dell’istanza con un indirizzo di PEC riconducibile univocamente all’impresa stessa e relativa ad una casella attiva.

Resta inteso che l’omessa regolarizzazione dell’istanza non solo comporta il suo rigetto, per cui essa si intende “non presentata”, ma rende altresì applicabile la sanzione di cui all’art. 2194 cod. civ. per le imprese individuali (inosservanza dell’obbligo di iscrizione, che prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 10 a 516 €) e all’art. 2630 cod civ. per le società (omessa esecuzione di denunce, comunicazioni e depositi, che prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 1.032 €). Detta omissione, infine, determina l’apertura del procedimento per l’iscrizione di ufficio dell’atto o della notizia oggetto dell’istanza considerata come non presentata, così come previsto all’art. 2190 cod. civ., ai sensi del quale: “Se un’iscrizione obbligatoria non è stata richiesta, l’ufficio del registro invita mediante raccomandata l’imprenditore a richiederla entro un congruo termine. Decorso inutilmente il termine assegnato, il giudice del registro può ordinarla con decreto”.