201510.21
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Le indicazioni obbligatorie nelle etichette del vino

“La mia etichetta sarà conforme alle normative?” La risposta a questa domanda, che il produttore vitivinicolo si pone ogni anno, implica, ovviamente, l’analisi in concreto della singola etichetta e non può, quindi, essere immediata.

Si possono delineare comunque alcuni principi generali da osservarsi in materia di etichettatura del vino.

Di seguito si elencano ed illustrano brevemente gli elementi obbligatori da riportare nell’etichetta.

La designazione della categoria di prodotti vitivinicoli in conformità dell’allegato VII, parte II del Regolamento (UE) n. 1308/2013.

Si fa riferimento alla denominazione merceologica legale “VINO” che è il nome che identifica il prodotto in conformità all’allegato VII parte II del Reg. (UE) n. 1308/2013 secondo il quale il vino è il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche, pigiate o no, o di mosti di uve. In questo allegato vengono elencate tutte le categorie di prodotti vitivinicoli ossia: vino, vino nuovo ancora in fermentazione, vino liquoroso, vino spumante, vino spumante di qualità, vino spumante di qualità del tipo aromatico, vino spumante gassificato, vino frizzante, vino frizzante gassificato, mosto di uve, mosto di uve parzialmente fermentato, mosto di uve parzialmente fermentato ottenuto con uve appassite, mosto di uve concentrato, mosto di uve concentrato rettificato, vino ottenuto da uve appassite, vino di uve stramature.

Le uve da vino devono appartenere alle varietà descritte dall’art. 81 del Reg. UE 1308/2013 ossia: a) la varietà appartiene alla specie Vitis vinifera o proviene da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis; b) la varietà non è una delle seguenti: Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton e Herbemont.

La denominazione merceologica legale è la stessa denominazione che deve essere riportata nell’etichetta.

Per i vini che si fregiano di una DOP o IGP si può omettere la designazione della categoria dei prodotti vitivinicoli.

La denominazione di origine protetta o la indicazione geografica protetta.

E’ opportuno aprire una piccola parentesi sul significato di denominazioni di origine (DOP) e di indicazioni geografiche (IGP). Queste non coincidono con la denominazione merceologica legale “vino” ma  sono due segni distintivi di qualità dell’Unione europea volti a tutelare determinati tipi di vino che presentino specifiche caratteristiche su cui non ci si soffermerà ora. DOP (denominazione di origine protetta), è menzione unionale che racchiude le due menzioni specifiche tradizionali (art. 3 d.lgs n. 61/2010) DOC (denominazione di origine controllata) e DOCG (denominazione di origine controllata  garantita). Così IGP (indicazione geografica protetta) racchiude la menzione specifica tradizionale IGT (indicazione geografica tipica).

Per i vini che si fregiano di questi segni distintivi comunitari è obbligatorio l’utilizzo del segno distintivo DOP o della IGP indicata con l’espressione «denominazione di origine protetta» o «indicazione geografica protetta» e il nome della denominazione di origine protetta o dell’indicazione geografica protetta. Ad esempio Alta Valle della Greve IGT, in cui Alta Valle della Greve è la denominazione protetta e IGT è la menzione tradizionale tutelata.

Ulteriori indicazioni in etichetta da aggiungersi a VINO volte a meglio qualificare il prodotto come frizzante-spumante o dolce-amabile vengono disciplinati dall’allegato VII parte II del Regolamento (UE) n. 1308/2013.

Per quanto riguarda i vini DOP e IGP tali ulteriori indicazioni possono essere regolate dal disciplinare di riferimento; in mancanza di disciplina il loro utilizzo è soggetto a quanto stabilito dal sopra richiamato dall’allegato VII parte II del Regolamento (UE) n. 1308/2013.

Come detto, i vini di origine o di indicazione geografica devono obbligatoriamente indicare la denominazione di riferimento (DOP-DOC-DOCG-IGP-IGT) che potrà essere accompagnata, da ulteriori menzioni speciali o tradizionali.

Ad esempio il Sangiovese di “Romagna”, dove Romagna è una denominazione di origine controllata riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione, può fregiarsi di una menzione geografica aggiuntiva detta “sottozona” quale, per esempio, Oriolo, solo se la produzione delle uve è circoscritta ad una determinata zona.

Vi sono poi casi in cui il nome del vitigno è parte della DOP come “Barbera d’Alba”, oppure in cui Brunello è solamente una menzione tradizionale facente parte della DOCG “Brunello di Montalcino”.

Per evitare errori nella denominazione è buona prassi consultare sempre il disciplinare di produzione che disciplina le modalità di indicazione delle informazioni in etichetta e l’elenco tassativo dei vini italiani DOP (405) e IGP (118) riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF).

In due casi particolari il riferimento alla DOP e IGP può essere omesso:

  1. quando sull’etichetta figura, conformemente al disciplinare di produzione, la menzione tradizionale;
  2. nei casi stabiliti dalla Commissione.

Il titolo alcolometrico volumico effettivo

Il titolo alcolometrico volumico effettivo, la cui indicazione è obbligatoria, consiste nella percentuale di alcol effettivamente presente nella bottiglia ed è indicato per unità o mezze unità di percentuale del volume.

E’ invece facoltativa l’indicazione del titolo alcolometrico totale (effettivo + potenziale) che si trova a volte sui mosti parzialmente fermentati. L’effettivo è la percentuale di alcol che si trova in bottiglia nel momento dell’imbottigliamento mentre il potenziale è quello che si realizzerebbe con la completa fermentazione degli zuccheri residui.

Il valore del titolo alcolometrico effettivo è seguito dal simbolo “%vol” e può essere preceduto dai termini “titolo alcolometrico effettivo” o “alcole effettivo” o dall’abbreviazione “alc”.

L’indicazione del titolo alcolometrico deve essere precisa; l’Allegato XII del Regolamento (UE) n. 1169/2011 concede una tolleranza da 0,3% a 1,5% a seconda del tipo di bevanda.

L’indicazione della provenienza

La materia è disciplinata sia dal Regolamento (CE) n. 1308/2013, sia dal Regolamento n. 1169/2011, quest’ultimo precisa che il luogo di provenienza è qualunque luogo indicato come quella da cui proviene l’alimento, ma che non è il paese di origine. Per i prodotti trasformati come il vino, l’origine è l paese o territorio in cui sono interamente ottenute le merci, nel casi in cui più paesi o territori abbiano contribuito alla produzione, si considera  il luogo sull’ultima lavorazione o trasformazione purchè sia stata una fase importante della produzione o fabbricazione di quel prodotto (Regolamento CEE n. 2913/92, codice doganale).

Ai sensi dell’art. 119 Regolamento (UE) n. 1308/2013 solo l’indicazione della provenienza è obbligatoria.

L’indicazione dell’azienda imbottigliatrice

L’indicazione dell’imbottigliatore, se è diverso dal produttore, garantisce al consumatore la rintracciabilità dell’ultimo anello della catena produttiva.

L’indicazione dell’imbottigliatore è obbligatoria mentre rimane facoltativa quella del produttore. Tuttavia nel caso del vino spumante, del vino gassificato, del vino spumante di qualità o del vino spumante aromatico di qualità, è obbligatoria l’indicazione del produttore o del venditore.

Il volume nominale

Secondo il d.lgs. n. 109/1992 la quantità nominale di un prodotto preimballato è la quantità che esso contiene al netto della tara. Il volume nominale del recipiente contenente liquidi può essere indicato con diverse unità di misura: litro, centilitro, millilitro seguite dal simbolo di stima.

Le tolleranze tra il volume indicato in etichetta e quello effettivamente presente sono disciplinate dal D.P.R. n. 391/1980.

A titolo esemplificativo se ne illustrano alcune:

  per quantità nominale da 300 a 500 ml, il 3% di tolleranza;

– per quantità nominale da 500 a 1000 ml, 15 ml di tolleranza;

– per quantità nominale da 1000 a 1000 ml, l’1,5% di tolleranza.

L’indicazione della quantità può avvenire inserendo il numero, l’abbreviazione dell’unità di misura e il simbolo di stima, o in lingua comunitaria, anche abbreviata ma sempre senza punteggiatura. Esempi di indicazioni corrette possono essere: Contenuto 500 ml ℮, 500 ml ℮, Net cont. 50 cl ℮, Cont 50 cl ℮.

Il lotto

La materia è disciplinata dal d.lgs n. 109/1992 e dalla Direttiva n.  2011/91/UE.

Per lotto (secondo la norma nazionale) o partita (secondo la norma europea) si intende un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare, prodotte, fabbricate o confezionate in circostanze praticamente identiche.

Il lotto è determinato dal produttore o confezionatore del prodotto o dal primo venditore stabilito all’interno dell’Unione. Tale indicazione è determinata e apposta sotto la responsabilità di uno dei summenzionati operatori. I dati che consentono di identificare la partita alla quale appartiene il prodotto preconfezionato, la cui definizione è tralasciata in questa sede, sono preceduti dalla lettera L, salvo il caso in cui si distinguono chiaramente dalle altre indicazioni in etichetta.

Anche le indicazioni del lotto, come tutte le altre in etichetta, devono essere facilmente visibili, chiaramente leggibili ed indelebili.

L’indicazione del lotto, sebbene obbligatoria, presenta delle eccezioni. Qui di seguito si elencano solo quelle che possono interessare il vino:

– quando il termine minimo di conservazione o la data limite per il consumo figurano in etichetta con la menzione, nell’ordine, del giorno e del mese;

– per i prodotti agricoli che, all’uscita dall’azienda agricola sono:

1. venduti o consegnati a centri di deposito, di condizionamento o di imballaggio;

2. avviati verso organizzazioni di produttori;

3. raccolti per essere immediatamente integrati in un sistema operativo di preparazione o di trasformazione.

Solfiti ed allergeni

Nella preparazione degli alimenti e, nel caso che qui interessa, del vino, spesso si usano sostanze che di per sé non sono consumate come alimenti ma il cui impiego ha uno scopo tecnologico come la conservazione.

Si tratta di additivi, aromi o enzimi la cui disciplina è contenuta nei Reg.ti nn. 1331-1332-1333-1334/2008.

Senza divagare troppo ci si soffermerà sull’obbligo di indicare in etichetta la dicitura “contiene solfiti”. Oggi tale obbligo è disciplinato dal Reg. 1169/2011 il quale prevede di indicare obbligatoriamente la presenza di qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico elencato nell’allegato II dello stesso regolamento o derivato da una sostanza o un prodotto elencato in detto allegato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata.

L’elenco delle sostanze a cui si fa riferimento è elencato nell’Allegato II dello stesso Regolamento, al cui punto 12. si trovano i solfiti.

Va peraltro detto che i solfiti o anidride solforosa, sono prodotti naturalmente nel processo di fermentazione dell’uva e che pertanto è impossibile che il vino non contenga solfiti. L’obbligo di indicare la loro presenza inerisce alla circostanza in cui i solfiti siano stati aggiunti.

I solfiti svolgono funzione antibatterica, antimicrobica, antisettica e antiossidante. Nella produzione del vino sono spesso utilizzati in varie fasi della lavorazione. Quando l’uva giunge in cantina evitano l’ossidazione del succo e consentono ai lieviti di avviare e portare a termine la fermentazione in modo controllato; nella vinificazione dei rossi, contribuiscono a estrarre il colore dalle vinacce nel corso della macerazione e a stabilizzarlo; finita la fermentazione, rendono più limpido il mosto. Infine, in fase di imbottigliamento, l’aggiunta di anidride solforosa garantisce l’azione antiossidante necessaria a far durare il vino nel tempo. Molti produttori si limitano a quest’ultimo utilizzo, evitando l’aggiunta di solfiti durante la vinificazione.

Tuttavia non è dato sapere se il produttore ha fatto uso di tali sostanze in uno o in più fasi del ciclo produttivo.

L’Allegato I B del Reg. 606/2009 stabilisce come limite massimo 150 mg/l per i rossi (100 mg/l per i vini biologici) e 200 mg/l per i bianchi  e rosati (150 mg/l per i vini biologici), limite che si alza rispettivamente a 200 e 250 mg/l per i vini dolci, 300 mg/l per i vini che possiedano determinate caratteristiche indicate nell’allegato.

Concludendo, esiste anche una disciplina, che in questa sede non verrà trattata, sulle modalità di presentazione delle informazioni in etichetta e sulle dimensioni dei caratteri. A tal proposito si evidenzia solamente che tutte le informazioni obbligatorie presenti in etichetta devono: comparire nel medesimo campo visivo in modo da poter essere lette simultaneamente senza dover girare il recipiente, essere facilmente visibili, chiaramente leggibili ed eventualmente indelebili.

Tuttavia le indicazioni obbligatorie del numero del lotto, degli allergeni, il nome e l’indirizzo dell’importatore possono figurare fuori dal campo visivo in cui compaiono le altre indicazioni.

Le informazioni obbligatorie devono essere formulate in una lingua facilmente comprensibile per i consumatori degli Stati membri in cui il prodotto è immesso nel mercato, con facoltà per gli Stati membri di imporre che al loro interno tali indicazioni siano fornite in una o più lingue riconosciute dall’UE. Pertanto per i vini commercializzati sul territorio italiano è obbligatorio scrivere l’etichetta in italiano con la possibile aggiunta di altre lingue, come accade in zone in cui è diffuso il bilinguismo.

Pare appena il caso di accennare che la responsabilità delle informazioni sugli alimenti è in capo all’operatore del settore alimentare con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto o, se tale operatore non è stabilito nell’Unione, l’importatore nel mercato del l’Unione.  (Articolo 8 Regolamento (UE) n. 1169/2011).